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Note personali: un medico dovrebbe informare i propri pazienti nella maniera più seria e scientifica possibile sui reali rischi di un intervento, che pur essendo mini invasivo, può comportare eventi avversi di vario genere. Un medico non può basarsi su fonti aneddotiche, chiacchiere o dicerie, spacciandole per verità incontrovertibili, terrorizzando i pazienti con lo spauracchio della “morte per angioplastica”. Trovo persino imbarazzante che siano i pazienti ad essere costretti a fare una seria trattazione sui rischi reali del trattamento della CCSVI, mentre cresce il numero dei presunti morti smerciati dalla neurologia come deterrente al desiderio dei pazienti di essere trattati. E trovo altrettanto imbarazzante che coloro che ci dovrebbero tutelare dall’alto della loro competenza medico-scientifica, improvvisino impressionanti scalate sugli specchi  che mancano non solo del carattere scientifico, ma persino di quello logico. Dall’ottobre scorso ad oggi è imbarazzante riscontrare l’assoluta negazione, da parte di una certa classe medica, di uno studio ed approfondimento personale della questione, che ci costringe ad imbatterci in manifestazioni di crassa ignoranza ed incapacità di un moto di intelligenza e di umiltà. Per un paziente è disperatamente imbarazzante.

Fa sorridere tanta preoccupazione per le sorti dei pazienti con SM che rischiano la morte per leucemia, cancro, PML, oltre alla comparsa di numerose altre malattie dalla depressione all’epatite, per l’uso di farmaci sempre più potenti, ovvero sempre più devastanti per l’organismo. Un sorriso amaro che nasconde ovviamente il cinico sarcasmo di chi ha smesso di “credere alla befana”.

Crediamo sia indispensabile che il trattamento della CCSVI avvenga in maniera controllata in appositi studi di trattamento che servano alla giusta evoluzione della pratica clinica della stessa CCSVI. Crediamo, come afferma anche il nostro progetto, che né la diagnosi, né l’intervento possa essere fatto adeguatamente da un sonologo o radiologo interventista qualsiasi, ma deve passare sempre, in questa fase primaria di studio, da un’adeguata preparazione specifica del sistema venoso profondo, in particolare della CCSVI. Spuntano come funghi radiologi che, per bocca dei pazienti e dei medici, hanno annesso nei loro curricula la dicitura “anche più bravo di Galeotti”, un po’ come per il doppler che tra le sue caratteristiche pare avere persino la nota “anche meglio di quello dell’ESAOTE”. Tutto ciò ha del ridicolo!

Tentativi zoppicanti di trattamento accadono qua e là per il Paese, noi non vogliamo che questo pressapochismo diventi la regola a causa dell’ostruzionismo della neurologia: noi vogliamo che l’iter di trattamento affronti in maniera esaustiva la questione dei benefici e dei rischi, ma questo non può avvenire senza la pratica clinica, senza degli studi approfonditi su larghi campioni. Noi abbiamo chiesto uno studio, non di aprire una macelleria. S.C.


Rischi reali del trattamento

della CCSVI (versione PDF)

 

Le informazioni a seguire ci vengono fornite dall’Associazione CCSVI Alliance, una nuova organizzazione per la CCSVI statunitense che vede all’interno del suo comitato scientifico figure di rilievo quali Mark Haacke, uno dei primi collaboratori del prof. Zamboni, nonché uno dei massimi esperti in tecniche di neuroimaging.


RISCHI DEL TRATTAMENTO

Una  diffusa disinformazione ha caratterizzato la discussione sui rischi del trattamento della CCSVI, spesso confondendo  e frustrando i pazienti, coloro che se ne prendono cura e persino alcuni medici professionisti.

L’obiettivo di questa sezione di CCSVI Alliance non è quella di denigrare o di promuovere il trattamento della CCSVI. Noi speriamo di informare i pazienti, i loro cari e gli operatori sanitari, con informazioni che siano le più accurate disponibili. Noi riteniamo che la scelta di effettuare un trattamento possa essere compiuta al meglio attraverso un’informazione corretta svolta congiuntamente ai professionisti competenti e di fiducia del settore medico.

CAPIRE I RISCHI DEL TRATTAMENTO

Comprendere il rischio medico si rivela  spesso una sfida: frequentemente le informazioni sono scarse e potrebbe non esserci un modo chiaro per determinare come ogni rischio potenziale possa incidere su un individuo.

Così può accadere che rischi estremamente rari si mischino a degli altri che, pur essendo minori, sono molto più comuni, il che porta a valutazioni scorrette.

Il discorso del rischio si complica ulteriormente per i pazienti con SM, che sono già esposti ad una vasta gamma di altri rischi. Rischi legati ai farmaci comunemente prescritti includono:

  1. PML, morte, disfunzione epatica, disfunzione ghiandolare ecc.;
  2. Efficacia marginale o limitata dei farmaci rispetto alla progressione della malattia.


Oltre a ciò, i pazienti devono tenere in considerazione il rischio di non fare nulla per impedire la progressione della propria malattia. A tale proposito, i medici spesso ritengono che si debba intervenire in modo aggressivo nelle fasi iniziali della malattia per minimizzare il deficit iniziale.

In ultima analisi, la valutazione dei rischi è una decisione individuale. Per i pazienti con SM, alcune domande che si dovrebbero porre per valutare tali rischi potrebbero essere:

  1. Qual è il corrente decorso della mia malattia?
  2. Quanto riesco a tollerare le terapie farmacologiche che mi vengono attualmente prescritte?
  3. Conosco il rischio associato alle terapie che sto facendo attualmente?
  4. Mi sento tranquillo rispetto a come viene gestita la mia malattia?
  5. Quali sono i rischi noti del trattamento della CCSVI, e come tali rischi influiscono su di me?


TRATTAMENTO DI “LIBERAZIONE” – PANORAMICA DEI RISCHI

Va osservato che la procedura endovascolare su cui si basa il trattamento della CCSVI è stata sperimentata nel 1970 ed è largamente utilizzata a partire dal 1990. Le procedure endovascolari sono minimamente invasive e sono considerate a basso rischio, salvo i casi in cui il paziente non ha altre condizioni aggravanti (ad esempio una patologia avanzata del cuore).

Una trattazione esaustiva di tutti i rischi possibili associati a procedure endovascolari sarebbe inutile. Invece, in questa sezione ci si concentrerà sugli aspetti unicamente legati al trattamento per la CCSVI, facendo un’altra distinzione rispetto ad altri tipi di procedure endovascolari.

Tuttavia, esistono rischi più comuni che caratterizzano generalmente le procedure endovascolari e queste verranno evidenziate.

I rischi del trattamento della CCSVI rientrano in tre categorie:

  1. rischi diagnostici pre-procedura;
  2. rischi comuni a tutte le procedure endovascolari;
  3. rischi unici del trattamento per la CCSVI.


RISCHI DIAGNOSTICI PRE-PROCEDURA

Le tecnologie di imaging, inizialmente utilizzate per determinare se una persona ha la CCSVI (MRV, Ecografia, Risonanza SWI) sono ben definite, non invasive, e portano il minimo rischio.

Le tecnologie utilizzate durante la diagnosi di CCSVI sono utilizzate anche per la diagnosi di una grande varietà di altre patologie e, senza rischi, sono adoperate anche nella diagnosi di CCSVI. Quindi, noi forniremo solo un elenco di base dei rischi più comuni o le questioni legate a tali tecnologie:

  • possibili reazioni al mezzo di contrasto;
  • possibili problemi di una scansione accurata nei pazienti con oggetti metallici all’interno del proprio corpo (es.pacemaker, chiodi, clips metalliche ecc.);
  • esposizione a raggi X.

[L’ecografia tramite ECD non ha alcun rischio, mentre l’MRV è un esame sconsigliato dal prof. Zamboni, in quanto portatore di falsi sia negativi, sia positivi; ricordiamo che la CCSVI non è una sindrome che può essere diagnosticata soltanto attraverso un’analisi semplicemente anatomica, ma necessita di valutazione emodinamica]

RISCHI COMUNI A TUTTE LE PROCEDURE ENDOVASCOLARI

Sebbene le procedure endovascolari siano diventate di routine, esse hanno comunque una serie di rischi per il paziente. Questi rischi variano a seconda della salute della persona sottoposta al procedimento e alla specificità della procedura. I rischi più comuni includono:

  • Ecchimosi o emorragie nel punto in cui il catetere entra nella vena;
  • Allergia o altra reazione all’anestesia locale, coloranti di contrasto radiografico, stent di metallo, ecc.;
  • Infezione introdotte dal catetere o altri strumenti;
  • A breve termine (1-2 ore):
  1. vertigini post-procedura
  2. mal di testa
  3. Migrazione / slittamento dei dispositivi inseriti (es. stent)
  • Coagulazione del sangue;
  • Puntura di una parete venosa;
  • Complicanze gravi, come il deterioramento dello stato neurologico improvviso, ictus, o morte (tutti casi rari, ma possibili).


[Ricordiamo che l’equipe emiliana non utilizza stent e ne sconsiglia l’uso, almeno per ora.]

A seguito di una procedura endovascolare, il paziente è di solito sottoposto a terapia farmacologica, che comprende la somministrazione di agenti antiaggreganti o anti-coagulanti per prevenire la coagulazione del sangue. Nell’angioplastica con palloncino, il palloncino gonfiato può causare un trauma alla vena, ed esporre potenzialmente lo strato muscolare al sanguinamento, provocando la coagulazione. Con gli stent, la coagulazione può verificarsi quando il flusso di sangue viene interrotto dalle maglie dello stent.

Gli anticoagulanti prescritti dopo le procedure endovascolari sono lo standard del settore (Coumadin, eparina Arixtra, ecc).

Gli anticoagulanti sono spesso indicati come “fluidificanti del sangue”, e va notato che tutti i fluidificanti del sangue possono potenzialmente causare complicazioni.

Brevemente, i rischi più comuni associati ai fluidificanti del sangue sono:

  • Anormale sanguinamento o emorragia che resiste alla coagulazione;
  • Emorragia intestinale;
  • Lividi (l’ecchimosi si forma più facilmente nei casi in cui si utilizzano farmaci anti-coagulanti);
  • potenziale interferenza/interazione con gli steroidi (che vengono spesso prescritti durante le ricadute della SM).


RISCHI SPECIFICI DEL TRATTAMENTO DELLA CCSVI

Il trattamento della CCSVI manifesta alcuni aspetti comuni della chirurgia endovascolare, ma introduce anche alcuni rischi specifici, tra cui:

  • Il trattamento della CCSVI è prevalentemente eseguito su pazienti con SM;
  • In alcuni casi, il trattamento della CCSVI adotta un uso non comune delle tecniche di angioplastica e di stenting.

L’obiettivo del trattamento di Liberazione è quello di eliminare blocchi e stenosi nelle vene. Tuttavia, poiché, la CCSVI è fortemente associata con la SM, la maggior parte dei pazienti attualmente in trattamento per la CCSVI sono pazienti che hanno anche la SM. Non sorprende che non ci siano dati che dimostrino che i rischi di procedure endovascolari siano maggiori o minori in pazienti affetti da SM. Poiché i pazienti con SM presentano una grande varietà di condizioni di salute, da sostanzialmente sani a significativamente disabili, la salute del paziente avrà probabilmente un ruolo nel rischio complessivo. Al di là di questo, poiché  il trattamento della CCSVI è una procedura molto nuova, permangono molte incognite, sia per i pazienti con SM, sia per i pazienti che non hanno la SM. Fino a quando non saranno disponibili ulteriori informazioni, una piena comprensione di tutti i rischi del trattamento e dei risultati a lungo termine è impossibile.

RISCHI CONNESSI ALLO STENT NEL TRATTAMENTO DELLA CCSVI

Il trattamento della CCSVI impiega due dei più comuni tipi di procedure endovascolari: l’angioplastica (o PTA) e lo stenting. Tuttavia, nel trattamento della CCSVI, le posizioni del corpo che ricevono il palloncino o lo stent possono essere insoliti. Per i pazienti con SM e CCSVI, i tassi più elevati di stenosi si trovano nelle vene giugulari, seguite dalla vena azygos. Meno comuni, ma non infrequenti, sono le stenosi che si trovano anche nelle vene lombari, vertebrali, renali e cerebrali delle vene profonde. L’esecuzione e il posizionamento di stent nella giugulare superiore non è diffusa e comporta qualche rischio. Inoltre, vi sono pochi dati sugli esiti di stenting o angioplastica nelle vene vertebrali e lombari, così come la pervietà a lungo termine, in particolare per l’angioplastica, è in gran parte sconosciuta.

I RISCHI ASSOCIATI ALL’ANGIOPLASTICA NEL TRATTAMENTO DELLA CCSVI

L’angioplastica è generalmente considerata la migliore opzione per il trattamento iniziale della CCSVI. Con angioplastica, non ci sono rischi specifici, in quanto nulla è lasciato dentro la vena.

Tuttavia, il trattamento con angioplastica si è dimostrato limitato, o addirittura inefficace, in alcune situazioni. Mentre l’efficacia di un trattamento non è generalmente considerata un rischio, le probabilità di restenosi dopo angioplastica sembrano sufficientemente elevate da dover essere tenute in considerazione. In particolare: relativamente alti tassi di restenosi sono stati misurati dopo il trattamento CCSVI tramite angioplastica con palloncino nelle vene giugulare (quasi il 50% in un study1). Così, mentre la procedura è relativamente sicura, angioplastica è associata ad un elevato rischio di restenosi in alcune vene (mentre il tasso di restenosi in IJVs era quasi del 50%, si è registrato solo il  4% per la vena azygos).

RISCHI CONNESSI A STENTING VENOSO

Lo stenting venoso non è una nuova o estrema procedura, e viene comunemente utilizzata per curare una vasta gamma di condizioni mediche da quasi 20 anni. Gli esempi includono:

  • Il trattamento per la sindrome di Budd-Chiari, la sindrome May-Thurner, la sindrome di Paget-Schroetter et al.;
  • Il trattamento della trombosi venosa profonda (TVP) o la riparazione della vena dopo la dialisi;
  • La riparazione della vena dopo infortunio / incidente;
  • Di riparazione per congenite e / o di sviluppo ostruzioni venose.

Nonostante l’uso comune in Medicina, gli stent sono generalmente considerati più rischiosi dell’angioplastica per due motivi importanti:

  • Possibile movimento, o migrazione, dello stent dalla posizione di iniziale collocamento all’interno della vena
  • Le incertezze sulla durabilità a lungo termine degli stent attualmente utilizzati nel trattamento della CCSVI

Inoltre, mentre la possibilità di restenosi è generalmente molto più bassa per gli stent che per angioplastica, una restenosi può verificarsi anche dopo il posizionamento dello stent.

MIGRAZIONE DELLO STENT

Gli stent sono tubi metallici a maglie larghe (a volte chiamata “scaffold”), prodotti da metalli in vari diametri e lunghezze. Gli stent sono collocati all’interno del vaso sanguigno allo scopo di sbloccare una stenosi o altre ostruzioni venose.

Poiché lo stent è un corpo estraneo inserito all’interno della vena, deve poi integrarsi con la vena stessa, ovvero “endotelializzarsi.” Fino a quando lo stent non si è stabilizzato nella vena, un processo che in genere dura 48 ore o meno, c’è qualche rischio che lo stent possa andare alla deriva o migrare dalla sua posizione iniziale.

Anche se raro, la migrazione dello stent è potenzialmente più pericolosa quando lo stent viene inserito nel sistema venoso (come con il trattamento della CCSVI), diversamente da quanto accade nel sistema arterioso. Nel sistema venoso, il sangue si muove verso il cuore, e il diametro dei vasi generalmente si amplia avvicinandosi al cuore. Così accade che uno stent migra liberamente, in particolare quello inizialmente posto in una posizione che ha un percorso abbastanza diretto verso il cuore (ad esempio, le vene giugulari), e può effettivamente viaggiare verso il basso e nelle cavità esterne del cuore. Tale migrazione potrebbe comportare la necessità di procedure d’urgenza per eliminare o riporre lo stent.

Allo stato attuale, il rischio di migrazione dello stent non può essere quantificato, in quanto non esiste lo studio quantitativo sul numero di stent venosi effettivamente posti e il numero di migrazioni.

PROGETTARE STENT PER LE VENE?

Alcuni ricercatori della CCSVI, tra cui il dottor Zamboni e il Dr. Michael Dake, hanno suggerito che uno stent specificamente progettato per una vena potrebbe ridurre la migrazione dello stent.

Mentre la maggior parte degli stent attuali sono tubolari, i ricercatori della CCSVI hanno suggerito che uno stent affusolato sarebbe preferibile. Uno stent rastremato andrebbe ad aumentare sottilmente di diametro in una direzione, imitando in tal modo la forma della vena, che spesso aumentano di diametro verso il cuore. L’essere “a forma di vena” dello stent potrebbe far sì che meglio aderisca alle pareti delle vene durante il posizionamento, diminuendo così la probabilità di rischi di migrazione.

Mentre la necessità di uno stent affusolato sembra convincente, creare uno stent di questo tipo non è necessariamente semplice. Ad oggi nessun produttore di dispositivi ha formalmente annunciato l’intenzione di commercializzare un stent progettato per le vene.

Nei trattamenti della CCSVI alla Stanford University e presso il centro di ricerca del Dott. Simka in Polonia, sono stati posti circa 280 nella primavera del 2010. In Polonia, nessuno stent è migrato. A Stanford, uno stent è migrato e ha portato ad un intervento chirurgico a cuore aperto di emergenza per rimuoverlo.

Si noti, tuttavia, che una volta che lo stent è “endotelializzato”, la migrazione è estremamente improbabile, se pur possibile. Inoltre, il rischio di migrazione è diverso a seconda della vena in cui si trova lo stent. Per esempio, il prof. Zamboni ha utilizzato stent in due pazienti sottoposti al trattamento della CCSVI. Tuttavia, il prof. Zamboni ha scelto solo di inserire stent nel sistema azygos, poiché egli ritiene che i rischi di migrazione siano inferiori a quelli per gli stent collocati nelle vene giugulari. Tuttavia, altri chirurghi vascolari credono che con una preparazione adeguata, la tecnica di posizionamento e la selezione dello stent, i rischi di migrazione diventano insignificanti.

Inoltre, questi medici ritengono che per contrastare il tasso vicino al 50% di restenosi dopo l’angioplastica nelle vene giugulari, lo stenting è un’opzione sicura ed efficace.

[In questa fase degli studi, per il prof. Zamboni, lo stent è un rischio che non bisogna correre ed è necessario attuare interventi che siano i più conservativi possibile]

DURABILITÀ DELLO STENT

Al momento non ci sono  stent formalmente testatati e approvati dalla FDA per il trattamento della CCSVI. (Si noti, tuttavia, che estende l’uso dei dispositivi medici approvati dalla FDA per una funzione simile, ma non approvata – denominato uso “off-label” – che è correntemente adottata e legale)

Il rischio dell’uso off-label degli stent è che la maggior parte degli stent sono testati e approvati per le arterie, che sono sia funzionalmente e fisicamente diverse dalle vene. In particolare, i tipi di tessuto sono diversi: le arterie tendono ad essere rigide, mentre le vene sono più flessibili ed elastiche. Inoltre, le tensioni e le torsioni di alcune vene sono diverse da quelle che troviamo nella maggior parte delle arterie. L’effetto di tali differenze sulla longevità dello stent, tuttavia, è ignoto.

Inoltre, poiché lo stenting nella CCSVI è una nuova procedura, non vi è accordo nel mondo della ricerca su quali tipi di stent dovrebbero essere utilizzati e in quali punti. Molti degli stent sono stati progettati e previsti per 10 o più anni, ma ancora una volta, gli studi si rifanno in genere al posizionamento arterioso e non al collocamento venoso.

LONGEVITÀ

Indipendentemente dal tipo di stent e dal suo posizionamento, i pazienti devono aspettarsi che uno stent possa alla fine dare esito negativo. Mentre i tassi di insuccesso e di durata non si prevedono in modo affidabile – uno stent può durare molti anni o addirittura decenni – sottolineiamo che lo stent potrebbe eventualmente causare uno dei seguenti tipi di problemi:

  • Deformazione (instabilità, flessione) 
  • Frattura 
  • Corrosione 
  • Usura causata dallo sfregamento del metallo-su-metallo 
  • Erosione causata da un fluido che scorre attraverso lo stent 

Quello che accadrà quando lo stent venoso verrà utilizzato nel trattamento della CCSVI non è noto. In genere, quando gli stent arteriosi falliscono, si verifica la restenosi. Poiché lo stent diventa rapidamente “endotelializzato”, e quindi è ben integrato nel corpo, è estremamente improbabile che frammenti dello stent o altre particelle viaggino liberamente nelle vene, come a volte è stato suggerito. Tuttavia, attualmente, non ci sono studi che documentino i risultati a lungo termine del fallimento dello stent nel trattamento della CCSVI.

In sintesi, la durabilità a lungo termine degli stent utilizzati nei test per la CCSVI è sconosciuta. Inoltre, la durabilità dello stent non può essere prevista perché:

  • Vengono utilizzati diversi tipi di stent;
  • Gli stent sono stati impiegati in luoghi non testati e perciò esposti a tipi sconosciuti di usura;
  • Le conseguenze del fallimento dello stent (nel trattamento della CCSVI) sono sconosciute, anche se le restenosi sono considerate il risultato più probabile. 

RESTENOSI

Negli stent venosi, le restenosi in genere si verificano quando il tessuto cicatriziale cresce sotto, attraverso o attorno allo stent, bloccando il flusso sanguigno. (Si noti che mentre gli stent arteriosi possono creare restenosi a causa di una placca o altri tipi di calcificazione, questo non è considerato un grave problema per gli stent venosi). Dati per le restenosi da stent venoso, generalmente non sono ben documentati, in particolare in alcuni dei punti (vene vertebrali, vene lombari), rilevanti per il trattamento CCSVI. Va osservato, tuttavia, che le restenosi da stent dovrebbero essere significativamente inferiori rispetto alle restenosi dopo l’angioplastica, stent che può essere usato per trattare occlusioni particolarmente difficili che non sono sensibili all’angioplastica.

CCSVI STENTING – EFFETTI COLLATERALI

Gli effetti collaterali del trattamento con stent per la CCSVI non sono stati formalmente studiati, ma i dati disponibili suggeriscono che alcuni pazienti trattati ricevendo lo stent nella giugulare, hanno sperimentato il dolore temporaneo nei muscoli vicino al segmento di vena riparata (ad esempio il muscolo elevatore, che corre lungo il lato del collo). Ciò è probabilmente dovuto ad un effetto sul nervo craniale undicesimo, un nervo accessorio (il nervo accessorio serve il trapezio/area spalla). Quando la giugulare è dilatata con lo stent, il nervo può venirne a contatto. In tutti i casi noti, la lesione del nervo si placa, ma può essere dolente per diversi mesi.

SINTESI DEI RISCHI

I rischi generali derivanti dal trattamento dei CCSVI includono:

  • Rischi associati alle comuni procedure endovascolari;
  • Rischio associato a farmaci anti-coagulazione;
  • Rischi connessi con la salute globale dei pazienti prima di una procedura.


I rischi più specifici per il trattamento della CCSVI includono:

  • Elevata incidenza di restenosi dopo angioplastica;
  • Migrazione dello stent;
  • Fallimento dello stent;
  • A breve termine, lesione del nervo, di solito intorno alla spalla.

Inoltre, il trattamento della CCSVI non può essere ugualmente efficace per tutti i pazienti affetti da SM. Per ogni data persona, si ha una confluenza di fattori che possono limitare l’efficacia del trattamento, tra cui:

  • Tipi di stenosi che attualmente non possono essere trattate (ad esempio, agenesia, ipoplasia);
  • L’ostruzione venosa associata alla CCSVI può essere causata da diversi fattori. La riduzione può essere dovuta a malattie all’interno della parete della vena, al malfunzionamento della valvola, alla compressione della vena esternamente dalla struttura adiacente al di fuori della vena, ecc.;
  • È probabile che l’efficacia relativa ai trattamenti endovascolari per la CCSVI varierà a seconda della causa di fondo;
  • Stenosi in luoghi che non possono essere raggiunti attraverso procedure endovascolari (ad esempio alcune vene vertebrali o alcune vene profonde cerebrali);
  • Restenosi ripetuta di segmenti di vena già trattata;

Infine, nella valutazione del rischio nel trattamento della CCSVI, i pazienti e gli operatori sanitari devono essere consapevoli anche della vasta gamma di rischi derivanti dai farmaci attualmente disponibili per trattare la malattia:

  • PML, morte, disfunzione epatica, disfunzione ghiandolare, ecc.;
  • L’efficacia marginale o limitata di farmaci correnti, rispetto alla progressione della SM;
  • Il rischio di non fare nulla (non tentare nulla di nuovo) per inibire la progressione della sclerosi multipla; rischio di ricaduta.