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Affaticabilità e debolezza muscolare hanno notevole impatto sulla vita quotidiana dei pazienti con sclerosi multipla (SM), limitandone notevolmente anche le più semplici attività fisiche e sociali. La ricerca scientifica ha dimostrato che un adeguato allenamento muscolare contrasta efficacemente tali disabilità migliorando la resistenza, la forza e l'equilibrio con effetti positivi anche sull’umore e, complessivamente, sulla qualità di vita dei pazienti. Nei pazienti con un deficit di forza che interessi prevalentemente un lato, è pratica comune in riabilitazione proporre un allenamento finalizzato a rinforzare l'arto più debole, per ottenere il miglior bilanciamento possibile. Tuttavia, talvolta l'arto più colpito risulta troppo debole per sostenere un allenamento diretto, con notevole disagio per il paziente e scarsi risultati, che spesso portano ad un abbandono della riabilitazione. In questi casi selezionati, una valida alternativa potrebbe essere rappresentata dal cosiddetto Cross Training (CT) o Allenamento Controlaterale, un metodo di allenamento basato sul rinforzo dell'arto meno compromesso, che induce, attraverso l’interazione tra i due lati, un trasferimento di forza all'arto più debole. I meccanismi alla base del CT sono ancora sconosciuti, nonostante i suoi effetti siano ampiamente documentati sia in soggetti sani che in pazienti ortopedici e, più di recente, nell’emiparesi da ictus, mentre non esistono studi sull'effetto del CT nella SM. Scopo del progetto è pertanto valutare, in SM con notevole differenza di forza tra i due lati, gli effetti del CT sulla forza, il cammino, l’equilibrio, l’eccitabilità corticale e spinale e, più in generale sulla qualità di vita. La presente proposta è supportata, oltre che dalla letteratura, dai risultati preliminari di uno studio pilota condotto sull'arto superiore che ha mostrato che il CT induce un significativo incremento di forza nel braccio più affetto, non allenato. Pertanto, ci si aspetta che il CT possa contribuire ad aumentare la forza dell'arto più colpito e non altrimenti allenabile, dotandolo di un livello base di forza che è necessario per sostenere approcci di allenamento più convenzionali. Se così fosse, il CT potrebbe essere considerato come un metodo riabilitativo promettente, a basso costo e di facile esecuzione in grado di migliorare la qualità di vita dei pazienti e di aprire nuovi scenari nella riabilitazione delle disabilità nella SM.

Per ulteriori informazioni sul Cross Training è possibile contattare il Dott. Andrea Manca tramite email all'indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Requisiti preliminari minimi richiesti ai partecipanti soci con S.M.

A) età compresa tra 18 e 60 anni;
B) presenza di debolezza a carico di uno o di entrambi gli arti inferiori;
C) capacità di deambulazione  con o senza l'utilizzo di un ausilio monolaterale.

Si pone nel dovuto rilievo che oltre alla presenza o meno dei suddetti requisiti, la partecipazione allo studio sarà subordinata ad una attenta valutazione clinico-anamnestica effettuata preliminarmente da un neurologo.

La sussistenza di quanto sopra elencato e l'accertamento di possibili controindicazioni saranno in ogni caso verificate dai promotori, responsabili  ed incaricati dello studio ed in particolare dalla Prof.ssa Franca Deriu (Professore Associato di Fisiologia del Dipartimento di Scienze Biomediche dell'Università di Sassari) e dal fisioterapista Dott. Andrea Manca.

Per ulteriori informazioni sui requisiti e le modalità di partecipazione allo studio contattare la SA.S.M. al numero 079 212300 il Martedì e il Giovedì dalle ore 9:30 alla ore 12:30.

Il Presidente Regionale
Gian Tomaso Marchio

logo equistasi

Recentemente i membri del Direttivo affetti da S.M. - 7 su 9 – si sono sottoposti ad una nuova metodica riabilitativa diretta a valutare gli esiti dell'applicazione di un dispositivo medico – stabilizzatore posturale - chiamato Equistasi, consistente in cerottini realizzati con nanotecnologie ed attivati dal calore emanato dal corpo, che avrebbero effetti sul controllo motorio e sulle alterazioni sia del tono muscolare che della postura.

Per la maggior parte si è riscontrato un effetto benefico che ha comportato un diversificato miglioramento nella deambulazione e nell'equilibrio. Il dispositivo inoltre ha effetti sull'attenuazione dei dolori localizzati.

Qualora vi fosse un Vostro interesse al riguardo, per maggiori dettagli, potete contattare la Dr.ssa Floriana Zedda – fisioterapista -Tel. 3470916358 del centro Equistasi Sardegna e/o consultare il sito www.equistasi.com.

Ai nostri iscritti è consentito di beneficiare di una riduzione, pari al 50%, dei costi relativi alla visita iniziale, necessaria per valutare la possibilità e la validità di applicazione del suddetto dispositivo medico.

 

Sussistono molti dubbi sull’uso dell’anticorpo anti-CDC25 Daclizumab ( Zenapax ) nel trattamento della sclerosi multipla.

Uno studio ha cercato di valutare l’efficacia di Daclizumab nei pazienti con sclerosi multipla e di capire se l’effetto terapeutico dipendesse dalla combinazione con l’Interferone beta, se un dosaggio più alto di Daclizumab fosse più efficace nei pazienti con attività persistente della malattia e se esistono marcatori in grado di predire la risposta completa o parziale a Daclizumab.

Il disegno sperimentale prevedeva il confronto, in aperto, tra basale e trattamento di fase II con Daclizumab nei pazienti affetti da sclerosi multipla che mostravano una risposta non-adeguata all’Interferone beta.

Tre mesi di trattamento al basale con Interferone beta sono stati seguiti da 5.5 mesi di trattamento combinato Interferone-beta e Daclizumab. In caso di riduzione superiore al 75% delle lesioni captanti il contrasto ( CEL ) alla risonanza magnetica cerebrale, il trattamento con Daclizumab è stato prolungato per 10 mesi in regime di monoterapia, altrimenti il dosaggio di Daclizumab è stato raddoppiato.

Sono stati coinvolti 15 pazienti con sclerosi multipla in trattamento con Interferone beta che hanno mostrato più di una esacerbazione della malattia o un aumento della disabilità clinica nei 12 mesi precedenti e presentavano almeno 2 CEL alla risonanza magnetica cerebrale basale.

Daclizumab ( 1 mg/kg ) è stato somministrato per via endovenosa ogni 4 settimane in combinazione con Interferone beta ( mesi 0-5.5 ) e come monoterapia ( mesi 6.5-15.5 ).

In generale, il 33% dei pazienti ha mostrato effetti avversi legati alla terapia. Due pazienti hanno sviluppato effetti avversi sistemici e la terapia con Daclizumab è stata interrotta.

Sebbene la monoterapia con Daclizumab sia risultata efficace in 9 dei 13 pazienti con sclerosi multipla, la terapia combinata con Interferone beta e Daclizumab è risultata necessaria per stabilizzare l’attività di malattia negli altri 4 pazienti.

La terapia con Daclizumab ha portato a una inibizione del 72% delle nuove lesioni captanti il mezzo di contrasto e a un miglioramento significativo nella disabilità clinica.

Sono stati identificati potenziali biomarcatori ( aumento delle cellule CD56 bright natural killer e diminuzione delle cellule T CD8+ ) in grado di predire una futura risposta completa o parziale a Daclizumab.

In conclusione, la monoterapia con Daclizumab è efficace nella maggior parte dei pazienti con sclerosi multipla con persistenza dell’attività di malattia dopo trattamento con Interferone beta.

La terapia di combinazione Interferone beta e Daclizumab, o dosaggi più alti di Daclizumab, potrebbero rivelarsi necessari per raggiungere la risposta terapeutica ottimale in tutti i pazienti.

Alcuni biomarcatori potrebbero essere in grado di identificare i pazienti con risposta sottottimale alla monoterapia con Daclizumab.

È necessaria la somministrazione di Daclizumab a un gruppo più ampio di pazienti e per un periodo più lungo per definire in maniera completa la sicurezza e l’efficacia a lungo termine del trattamento con Daclizumab nella sclerosi multipla.

Fonti: Bielekova B et al, Arch Neurol 2009; 66: 483-489
http://www.sclerosionline.net/index.php?show=16042&pageNum=0&sito=173